MODA MASCHILE: Da re Luigi XIV ai risvoltini!

  












L’abbigliamento è stato sin da sempre una necessità, ed è per questo che rientra nei bisogni primari. In passato la moda non aveva la stessa rilevanza che gode oggi.
Re Luigi XIV di Francia
La vera nascita della moda risale però al regno di Luigi XIV, in Francia con la nascita del mercato dei tessuti. In quegli anni la moda rispecchiava principalmente il modo di vestirsi dei re e della regina

La moda riguardava sia gli uomini, con vestiti stravaganti e sofisticati, sia le donne che detenevano già a quei tempi il primato..si pensi alla regina Maria Antonietta, che venne soprannominata “Regina della moda”.  Dopo il 1970, anche gli stilisti italiani iniziarono infatti a competere con costanza e forza con la “capolista “ della moda, la Francia. Lo style italiano, iniziava in alcuni settori a raggiungere il primato francese, e a volte anche a superarlo. Oggi il primato della moda è detenuto oltre che dalla Francia anche dall’Italia e dagli Stati Uniti, ed è proprio a Parigi, Milano e New York che avvengono le più prestigiose sfilate di alta moda.







LO STILE CLASSICO SI È PROFONDAMENTE RINNOVATO IN QUESTO DECENNIO, MA A CAMBIARE È 

STATO SOPRATTUTTO IL RUOLO DEL MASCHIO, ORMAI CONTINUAMENTE PRESENTE SULLE 

PASSERELLE E AUTONOMO NELLA SCELTA DEL LOOK. 



Bisogna ammettere che l’abbigliamento maschile è stato sin da subito quello più spoglio, o meglio, il più monotono.
Basta aprire l’armadio di un qualsiasi uomo medio per ritrovare, quasi sempre, la stessa somma: un paio di giacche, qualche pantalone, un abito due pezzi, camicie bianche e azzurre, qualche cravatta da giorno e un paio da sera. Stop, finisce qui il guardaroba che possiede.
Ma dall’inizio del 21° secolo le cose sono cambiate: l’uomo diventa un vero consumatore di moda, con un’alta capacità di spesa e le conoscenze adeguate per costruirsi un guardaroba senza dover chiedere la consulenza di una donna, variando tra i diversi stili per le diverse occasioni di cui è protagonista.
Hedi Slimane, stilista
A dare il via libera a questa nuova rivoluzione, oseremmo dire, è stato uno stilista ancora oggi grande presenza per la moda maschile. Stiamo parlando di Hedi Slimane, classe 1968, francese con origini tunisine e italiane. Arriva nel 2000 alla direzione creativa di Dior Homme dopo essere stato braccio destro di Yves Saint Laurent. Niente, per l’abbigliamento maschile così come lo si conosceva, sarà più come prima.
Fino ad allora la parola d’ordine era il comfort, la comodità: pantaloni che nemmeno sfioravano le gambe; tasche capaci di contenere tutto il necessario; giacche ampie costruite per esaltare anche i toraci più esili. Con Slimane la musica cambia radicalmente: passiamo da “comfort” a “skinny”, ossuto.
Nessuno avrebbe mai creduto, alla sua prima sfilata, che esistessero consumatori capaci di indossare quei pantaloni così attillati, quei blazer asfissianti e quelle cravatte così sottili. Eppure quelle nuove regole di stile influenzeranno la moda maschile per gli anni successivi, trasformando anche l’abito da lavoro in una sorta di seconda pelle e non più in un’armatura in cui calarsi dentro. Nel 2006 Slimane porta a compimento quella rivoluzione lasciando Dior Homme sul più bello, dando spazio a una schiera di designer desiderosi di fare propri quei canoni.
Sono tanti gli stilisti, che dopo di lui, hanno cambiato i canoni della moda maschile: Raf Simons che in passerella scambia la camicia da indossare sotto la giacca con maglioncini dolce vita, oppure Dries Van Noten che sdrammatizza l’abito formale con biker jacket di pelle bicolore.


CAPPOTTO? BASTA!

Proprio il capospalla è il pezzo dell’abbigliamento maschile che ha subito più trasformazioni. Se l’abito business cambia stile, sopra di esso il vecchio cappotto di lana non ha più senso. Ed è tra il 2007 e il 2008 che lo sportswear inizia la sua lenta, ma inesorabile, contaminazione del mondo sartoriale. Sono gli anni delle Trialmaster, i giacconi Belstaff che diventano un capo must have, ideali sotto la pioggia per non stropicciare il classico suit, o dell’intramontabile piumino di Moncler, che conquista le passerelle come capo quasi sartoriale. Dolce&Gabbana colora d’oro la giacca da aviatore, multitasking grazie alla zip che la allunga e l’accorcia a seconda dell’occasione, l’argento è invece il metallo scelto da Emporio Armani per i suoi maxi giacconi bordati di pelliccia, che rileggono il montgomery in chiave future-sport. Anche Burberry accantona il suo trench, icona del businessman della City, per lasciare spazio ai parka in montone o ai gilet in duvet. Ma pur in anni di sperimentazione, specialmente nei materiali sempre più tecnologici, leggeri e soprattutto sostenibili, l’abbigliamento maschile non riesce a rinunciare completamente all’eleganza sartoriale. Il cappello di feltro è l’accessorio degli ultimi anni del primo decennio 2000, da indossare sulla giacca a un bottone da giorno di Giorgio Armani o sui caban di Bottega Veneta, mentre il doppiopetto è la scelta di Miuccia Prada per i suoi suit minimali, da portare senza cravatta, o da Yves Saint Laurent, che come Dolce&Gabbana rispolvera un grande classico come lo smoking.


RISVOLTINI: "Ma da dove vengono? Chi è stato ad inventarli?"  

Bene, per rispondere a questa domanda dobbiamo tornare indietro di qualche anno, circa 150. Ma non solo, dobbiamo anche spostarci di qualche km. Ci troviamo nell’Inghilterra ottocentesca. In una casa, o meglio in una Reggia, troviamo colui che ha dato vita a questa moda: il principe di Galles, Enrico VII, figlio della regina Vittoria.
Re Enrico VII d'Inghilterra
Ebbene sì, questo simpatico gentiluomo, futuro re inglese, nella sua gioventù si divertiva a creare nuove mode e tendenze, e un giorno, camminando per strada, per non sporcarsi i pantaloni decise di ripiegarli sulla caviglia.
Quindi, quasi involontariamente, ha dato vita a questa tendenza molto in voga in questi ultimi anni.






Articolo di Vincenzo Siciliani  (For infos and collaborations contact me by e-mail vincenzosiciliani98@gmail.com)

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